Il 15 marzo a Bari eravamo tanti.
Eravamo tanti tutti. Tante decine di migliaia di persone marciavano nello stesso corteo, percorrevano la stessa strada, sotto lo stesso sole e con le stesse difficoltà. Come era comune il percorso che fisicamente quella mattina è stato battuto, così, si può presumere, lo è anche quello ideale. Quello che ci mette tutti in cammino insieme con valori condivisi, per un obiettivo che è di tutti: sabato tutti riuniti a fare la stessa cosa in concreto e per mandare un messaggio al paese; nella vita tutti riuniti idealmente, assumendo comportamenti concreti che, nel piccolo di ciascuno, contribuiscano a raggiungere la meta.
Mi piace pensare che se ad ognuno dei presenti sabato venisse chiesto personalmente “Tu ci credi davvero che la mafia può essere sconfitta?”, tutti risponderebbero “sì”. Non è certo una mia scoperta, infatti, che la lotta alla mafia è fatta di due momenti che devono coesistere, e anzi, compenetrarsi e darsi forza l’un l’altro. L’uno è quello delle istituzioni: la politica e la magistratura. L’altro è quello delle persone. Di tutti gli individui che ci credono, che non vogliono arrendersi. Bene, questi ultimi hanno poche armi in mano, ma tra le azioni che si possono compiere, una importante, forse la più significativa, è quella del fare sentire forte la propria voce.
Del farsi vedere, del gridare, del lanciare (come sempre) anche solo un segnale di presenza: noi siamo qui e siamo contro la mafia.Come ho detto, le due fasi della battaglia non possono essere disgiunte. Ciò che è importante è non perdere mai la fiducia nell’efficacia in toto della nostra lotta. Spero e credo infatti che, seppur in tono minore rispetto a quanto avrebbe meritato, la Giornata della Memoria e dell’Impegno da poco passata, qualcosa abbia lasciato. Deve averlo fatto. E’ già un dato positivo che i giornali domenica abbiano dedicato una pagina a questo piuttosto che a Olindo e Rosa. Accennavo prima anche al comportamento concreto che noi, popolo antimafioso, dobbiamo assumere quotidianamente. Dobbiamo cercare di vivere in tensione per la legalità; non per essere esageratamente per bene o legalisti, ma piuttosto per assumere comportamenti positivi che siano anche d’esempio al prossimo.
Inoltre, e soprattutto, per controllare l’altra fase della battaglia: quella istituzionale. Chi combatte la mafia dai palazzi deve sentire il nostro fiato sul collo! Devono avere la percezione che la gente, sempre di più, vuole che le cose cambino.E dove troviamo la forza di andare avanti? Di non mollare tutto anche quando le sconfitte e le delusioni sembrano piombarci pedissequamente davanti al naso? Come un cane che si morde la coda, questa energia la si trova nelle immagini di sabato, ancora nitide nei nostri occhi. Nella marea umana che “con spirito di pace e coraggio di guerra” era lì per non mollare.
E’ anche in questo senso che va inteso l’invito di don Ciotti a sporcarsi le mani. Sporcarsi le mani significa parlare, denunciare, andare controcorrente nei comportamenti, boicottare situazioni persone e realtà ambigue. Fare quello che facciamo noi insomma. Fare antimafia di frontiera per stimolare e pressare anche quella di sistema.Avanti così.
Eravamo tanti tutti. Tante decine di migliaia di persone marciavano nello stesso corteo, percorrevano la stessa strada, sotto lo stesso sole e con le stesse difficoltà. Come era comune il percorso che fisicamente quella mattina è stato battuto, così, si può presumere, lo è anche quello ideale. Quello che ci mette tutti in cammino insieme con valori condivisi, per un obiettivo che è di tutti: sabato tutti riuniti a fare la stessa cosa in concreto e per mandare un messaggio al paese; nella vita tutti riuniti idealmente, assumendo comportamenti concreti che, nel piccolo di ciascuno, contribuiscano a raggiungere la meta.
Mi piace pensare che se ad ognuno dei presenti sabato venisse chiesto personalmente “Tu ci credi davvero che la mafia può essere sconfitta?”, tutti risponderebbero “sì”. Non è certo una mia scoperta, infatti, che la lotta alla mafia è fatta di due momenti che devono coesistere, e anzi, compenetrarsi e darsi forza l’un l’altro. L’uno è quello delle istituzioni: la politica e la magistratura. L’altro è quello delle persone. Di tutti gli individui che ci credono, che non vogliono arrendersi. Bene, questi ultimi hanno poche armi in mano, ma tra le azioni che si possono compiere, una importante, forse la più significativa, è quella del fare sentire forte la propria voce.
Del farsi vedere, del gridare, del lanciare (come sempre) anche solo un segnale di presenza: noi siamo qui e siamo contro la mafia.Come ho detto, le due fasi della battaglia non possono essere disgiunte. Ciò che è importante è non perdere mai la fiducia nell’efficacia in toto della nostra lotta. Spero e credo infatti che, seppur in tono minore rispetto a quanto avrebbe meritato, la Giornata della Memoria e dell’Impegno da poco passata, qualcosa abbia lasciato. Deve averlo fatto. E’ già un dato positivo che i giornali domenica abbiano dedicato una pagina a questo piuttosto che a Olindo e Rosa. Accennavo prima anche al comportamento concreto che noi, popolo antimafioso, dobbiamo assumere quotidianamente. Dobbiamo cercare di vivere in tensione per la legalità; non per essere esageratamente per bene o legalisti, ma piuttosto per assumere comportamenti positivi che siano anche d’esempio al prossimo.
Inoltre, e soprattutto, per controllare l’altra fase della battaglia: quella istituzionale. Chi combatte la mafia dai palazzi deve sentire il nostro fiato sul collo! Devono avere la percezione che la gente, sempre di più, vuole che le cose cambino.E dove troviamo la forza di andare avanti? Di non mollare tutto anche quando le sconfitte e le delusioni sembrano piombarci pedissequamente davanti al naso? Come un cane che si morde la coda, questa energia la si trova nelle immagini di sabato, ancora nitide nei nostri occhi. Nella marea umana che “con spirito di pace e coraggio di guerra” era lì per non mollare.
E’ anche in questo senso che va inteso l’invito di don Ciotti a sporcarsi le mani. Sporcarsi le mani significa parlare, denunciare, andare controcorrente nei comportamenti, boicottare situazioni persone e realtà ambigue. Fare quello che facciamo noi insomma. Fare antimafia di frontiera per stimolare e pressare anche quella di sistema.Avanti così.
2 comments:
ottimo!
Gigia
Ciao ho scoperto il tuo blog solo ora grazie ai link. Mi piace molto e ti chiedo se ti andrebbe di fare scambio di link con il mio. Ti aspetto da me se accetti. Grazie e complimenti.
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